Patriarcháty starovekej Pentarchie, 1. Patriarchát Konštantinopolu.

I PATRIARCATI DELL’ANTICA PENTARCHIA 1. IL PATRIARCATO DI COSTANTINOPOLI

Sebastiano Lipari • lug 03, 2020
I PATRIARCATI DELL’ANTICA PENTARCHIA
1. IL PATRIARCATO DI COSTANTINOPOLI
(La Pentarchia di Giustiniano I. La moderna Grecia era quasi tutta sotto la giurisdizione di Roma, ma nell’VIII secolo Leone III Isaurico estese la giurisdizione del patriarcato di Costantinopoli verso nord e verso occidente)
Nella storia del cristianesimo, per pentarchia s’intende la teoria secondo la quale il governo della cristianità intera era affidato congiuntamente alle cinque sedi episcopali più importanti del mondo romano: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, e Gerusalemme. Secondo tale teoria la loro unanimità era richiesta per rendere pienamente obbligatorio un pronunciamento ecclesiastico ed un concilio non era ecumenico senza il consenso di tutti e cinque i patriarcati.
 
Non furono riconosciuti come membri della pentarchia i vescovi delle sedi situate fuori dei confini dell’Impero romano, quali l’allora sede di Seleucia-Ctesifonte della fiorente Chiesa d’Oriente in Mesopotamia e in Persia e del regno georgiano (al cui vescovo però fu concesso il titolo di patriarca nel 1010). Né furono accettati i capi della corrente miafisista, né fuori dell’Impero (in Armenia) né dentro, dove questa corrente, essendo maggioritaria in Egitto e in parti della Siria, aveva indebolito considerevolmente i patriarcati ortodossi (cioè calcedoniani) di Alessandria e di Antiochia, riducendo la Chiesa ortodossa in Oriente praticamente all’unico patriarcato di Costantinopoli e l’intera Chiesa cristiana calcedoniana ad una diarchia di Roma e Constantinopoli.
 
Nel 1054, dopo varie rotture, avvenne quella definitiva, il Grande Scisma, che divise il cristianesimo calcedoniano nelle sue parti occidentale e orientale, come già da tempo l’impero romano che l’aveva sostenuto. Con il patriarcato di Costantinopoli si schierarono poi anche i patriarchi di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme.
 
A differenza delle altre quattro sedi patriarcali della Pentarchia (Gerusalemme, Roma, Antiochia e Alessandria), Costantinopoli non è sede apostolica, sebbene la tradizione attribuisca ad Andrea la sua fondazione. Ciononostante, il Concilio di Efeso del 431 elevò la sede di Costantinopoli a patriarcato all’interno della nascente Pentarchia. Il successivo Concilio di Calcedonia del 451 attribuì a Costantinopoli giurisdizione sull’Asia Minore e la Tracia. Il canone XXVIII del concilio sanciva inoltre la preminenza del patriarcato di Costantinopoli su quelli di Antiochia e di Alessandria e la sua uguaglianza alla sede apostolica di Roma, pur essendo seconda a quest’ultima, in base all’argomento che Costantinopoli era la nuova sede dell’Impero, la «nuova Roma».
(San Leone I Magno, 45° Papa e Vescovo di Roma)
Papa Leone I si rifiutò di accettare il canone XXVIII così com’era stato formulato: il primato sui cinque patriarcati doveva spettare a Roma. Si aprì una controversia tra Chiesa latina e Chiesa orientale che si risolse solo nel 554, quando l’Italia fu riunita da Giustiniano all’Impero ed i Papi vennero a trovarsi sotto lo stretto controllo dell’esarca ravennate e furono costretti ad accettare l’instaurarsi dell’ordine religioso imperiale della cosiddetta Pentarchia, cioè il governo dei cinque patriarcati di Roma, Costantinopoli, Gerusalemme, Antiochia e Alessandria.
 
La rivincita di Bisanzio provocò però gravi conseguenze in Occidente, dove l’intera Italia settentrionale, il Norico e la Baviera ruppero la comunione, dando il via allo Scisma dei Tre Capitoli. La separazione durò circa un secolo e mezzo e interessò un vasto territorio, comprendente anche Dalmazia e Illirico.
 
Con la definitiva conquista araba di Palestina, Siria ed Egitto (metà del VII secolo), le sedi patriarcali di Gerusalemme, Antiochia e Alessandria finirono nell’orbita del mondo islamico. La sede di Costantinopoli rimase l’unico centro ecclesiastico della chiesa orientale. La dialettica tra la capitale bizantina e Roma dominò la vita ecclesiale per i quattro secoli successivi.
(Fozio I il Grande, Patriarca di Costantinopoli, venerato come Santo dalla Chiesa Ortodossa)
Nell’847 divenne patriarca Ignazio I, terzogenito del deposto imperatore Michele I. Questi cominciò dunque una dura lotta politica con l’imperatore Michele III l’Ubriacone, che lo portò nell’858 a essere deposto per ordine della reggente Teodora, che gli sostituì Fozio I, il quale venne riconosciuto nell’861 dai legati papali. Quando però Ignazio si appellò a papa Niccolò I, questi fu prontissimo ad appoggiarlo, convocando nell’863 un sinodo a Roma nel quale dichiarava illegittima la deposizione di Ignazio, scomunicava i propri legati e minacciava della stessa sanzione Fozio se avesse insistito nell’usurpazione del seggio patriarcale. Fozio rispose nell’867 scomunicando a sua volta il Papa, con l’appoggio dell’imperatore Michele III.
 
A quel punto il Papa portò la questione sul piano dottrinale, inviando un’enciclica a tutti i vescovi orientali per imporre a questi l’uniformazione agli usi romani, con l’aggiunta del filioque al Credo (stabilendo dunque che „lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio“), l’obbligo del celibato ecclesiastico e della tonsura, il diritto esclusivo dei vescovi di celebrare la Cresima, il digiuno obbligatorio per il clero il sabato e l’inizio della Quaresima il Mercoledì delle Ceneri.
 
La situazione sembrava non avere sbocco, ma quando nell’867 l’Imperatore cadde assassinato, il nuovo sovrano Basilio I il Macedone richiamò Ignazio, convocando all’uopo nell’869 il Concilio Costantinopolitano dell’869-870, nel quale Papa Adriano II proclamò il solenne reinsediamento di Ignazio e al contempo dichiarò la chiesa di Roma come «la prima e la maestra di tutte le chiese».
 
I rapporti con la Chiesa di Roma si fecero nuovamente critici già a partire dal patriarcato di Eustazio, il quale nel 1024 aveva cancellato nuovamente il nome del Papa dai dittici di Santa Sofia, ma fu con la nomina a patriarca di Michele I Cerulario, nel 1043, che i dissapori con l’Occidente riemersero violenti.
(Michele Cerulario, in trono, e Umberto di Silacandida, con abito bianco, miniatura del XII secolo)
Michele Cerulario, cominciò ben presto a prendere posizione sulla natura dello Spirito Santo e a contestare tutte le innovazioni che papa Leone IX stava introducendo nelle regole della Chiesa, in particolare la sua condanna sul matrimonio del clero. Infatti, a sua volta il patriarca attaccò la tradizione del celibato ecclesiastico, quindi il taglio della barba e infine, nel 1051, la celebrazione dell’eucaristia con pane azimo: tutti costumi in uso presso la chiesa latina, che egli accusò di eresia, proibendo al culto tutte le chiese di Costantinopoli che non utilizzavano il rito greco. Quando a Costantinopoli giunsero infine i legati inviati dal Papa con l’incarico di risolvere la critica situazione e di convincere i fratelli orientali ad accettare le nuove direttive che Leone emanava in qualità di Primate dei cinque patriarcati cristiani, la situazione era già critica. Tanto che gli stessi legati recavano già con sé una bolla pontificia con la scomunica del patriarca.
 
La missione, guidata dal cardinale Umberto di Silvacandida, negò la legittimità dell’elezione di Michele, del titolo di ecumenico riservato al patriarca orientale e il suo preteso secondo posto in onore nella gerarchia ecclesiastica dopo il Vescovo di Roma. In risposta il patriarca si rifiutò di ricevere i latini, dopodiché, il 16 luglio 1054, il cardinale Umberto depositò sull’altare di Santa Sofia la bolla di scomunica, lasciando la città. Il 24 luglio Cerulario rispose in modo analogo, scomunicando Umberto di Silvacandida e gli altri legati papali. Inoltre i legati papali e i rappresentanti del patriarcato si scagliarono contro l’anatema gli uni gli altri.
 
Al momento delle reciproche scomuniche, papa Leone era già morto a Roma e pertanto, l’autorità del Cardinale Umberto, legato pontificio, era di fatto venuta meno, tuttavia la gravità del fatto portò all’instaurarsi di uno scisma tra le due Chiese, che tuttora perdura. Il cosiddetto Grande Scisma, in Occidente conosciuto come „Scisma d’Oriente“, portò dunque alla separazione, ancora perdurante, tra la Chiesa cattolica (cioè „universale“), rimasta fedele a Roma, e l’insieme delle Chiese Ortodosse (cioè di „corretta dottrina“), le quali riconoscono un primato onorifico al patriarca di Costantinopoli ma costituiscono, di fatto, un insieme di chiese autocefale.
 
Nel 1204, la Quarta Crociata conquistò Costantinopoli, stabilendovi un Impero Latino. Nell’organizzazione del nuovo Stato venne istituita la carica di Patriarca latino di Costantinopoli, per guidare il numeroso clero cattolico affluito al seguito dei conquistatori e sostituire il vecchio patriarcato ortodosso, sopravvissuto nei residui territori bizantini. Il patriarca Giovanni X di Costantinopoli dovette quindi abbandonare la città, ritirandosi in esilio in Tracia, al seguito dell’imperatore Alessio V, ritirandosi quindi nel 1206 a Nicea, presso la corte di Teodoro I Lascaris, che venne incoronato Imperatore di Nicea.
 
Nel 1215 il Concilio Lateranense IV riconobbe al patriarca latino i diritti dell’antica sede patriarcale costantinopolitana, ma già nel 1261, il debole Stato latino venne cancellato, con la riconquista della città in mani bizantine: il patriarcato greco venne ristabilito nella sua originaria sede e i rivali latini dovettero lasciare la città per Venezia in Italia.
(Giuseppe II, patriarca di Costantinopoli, nell’affresco di Benozzo Gozzoli, nella „Cappella dei Magi“, a Palazzo Medici Riccardi a Firenze)
Quando nel 1416 divenne patriarca Giuseppe II l’impero versava in una situazione disperata, stretto d’assedio com’era dagli ottomani. Nel 1437 il patriarca partì dunque in scorta all’imperatore Giovanni VIII Paleologo, ad altri ventitré vescovi, tra cui l’arcivescovo di Nicea Basilio Bessarione e a uno stuolo di studiosi e teologi alla volta dell’Italia, per prendere parte al Concilio di Ferrara. La necessità di aiuto contro il nemico turco imponeva infatti il superamento dello scisma del 1054. Tra i maggiori oppositori figurava il Bessarione, ma quando nel 1439 i padri conciliari si spostarono da Ferrara, aprendo il Concilio di Firenze, l’arcivescovo niceno si spostò su posizioni unioniste. Il patriarca morì prima della conclusione dei lavori, che vennero dunque proseguiti dal Bessarione. Il 6 luglio, infine, per volontà dell’Imperatore e di papa Eugenio IV venne solennemente proclamato il decreto d’unione tra la Chiesa Greca e la Chiesa Cattolica.
 
Al loro ritorno a Costantinopoli, però, l’Imperatore e i vescovi trovarono un clima ostile tra la popolazione e il clero, in particolare i monaci, tanto che una parte di quelli che avevano firmato il decreto dell’unione l’abbandonarono e perciò l’unione non divenne mai effettiva.
 
Dopo la caduta di Costantinopoli, il sultano ottomano pretese di conservare il diritto di nomina del patriarca già proprio degli imperatori bizantini. Tale sistema perdurò sino all’avvento della moderna Turchia, nella quale tuttavia lo Stato turco richiede ancora per legge che alla cattedra patriarcale venga eletto un cittadino turco, seppur scelto autonomamente dal Sinodo di Costantinopoli.
 
Il Patriarca ecumenico di Costantinopoli – Nuova Roma è il „primo fra pari“ della Chiesa ortodossa e, dal XX secolo, viene riconosciuto come unico patriarca di Costantinopoli anche dalla Chiesa cattolica, che nel 1964 soppresse la sede titolare del Patriarcato di Costantinopoli dei Latini, in segno di amicizia, sede già vacante dal 1948 con la morte dell’ultimo titolare. 
(Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli)
L’attuale patriarca è Bartolomeo I – al secolo Dimitrios Archondonis. La sede del Patriarcato è la Cattedrale di San Giorgio, nel Fanar, il quartiere greco di Istanbul.
 
Il Patriarca di Costantinopoli è il primo in onore tra i vescovi ortodossi (primus inter pares), ha il compito di presiedere ogni concilio di vescovi e ha le funzioni di principale portavoce della comunione ortodossa. Non ha giurisdizione sopra gli altri patriarchi e le chiese autocefale della comunità ortodossa orientale. Il suo titolo completo è Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca ecumenico. 
 
Nel 1964 la Chiesa cattolica ha abolito il patriarcato latino della città (costituito nel 1205 e già vacante dal 1948 con la morte dell’ultimo titolare).
 
Il governo della Turchia non riconosce valore istituzionale al Patriarcato. Specie al titolo di ecumenico, cessato l’impero bizantino/ottomano. Le leggi turche sulle minoranze religiose riconoscono solo il titolo patriarcale di „Patriarca ortodosso dei Romani del Fener“.
(Metropolita Gennadios, Arcivescovo Ortodosso d’Italia e Malta ed Esarca per l’Europa Meridionale)
In Italia il Patriarcato è oggi rappresentato dall’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta.
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